lunedì 7 aprile 2014

Rossana Dettori: Cara Ministra Madia, i diritti non hanno prezzo - "Piuttosto che niente, meglio piuttosto"

In molti, fra le lavoratrici e i lavoratori che rappresentiamo, fanno questo semplicissimo ragionamento: "con ottanta euro posso finalmente iscrivere il mio bambino alla scuola calcio, posso finalmente portare, dopo mesi, tutta la famiglia a mangiare una pizza (senza birra alla spina, però) e posso ridare ai miei genitori, un po' per volta però, quei soldi che mi hanno prestato l'anno scorso per l'anticipo della mia bellissima utilitaria.
Certo non sono tanti, ma per la prima volta qualcuno parla di restituzione, non di sottrazione".
Tutto questo fino a ieri. Fino a quando, cioè, Lei non si è sperimentata in quell'artificio dialettico/filologico che un po' tutti temevamo: la riduzione del cuneo fiscale per il lavoro dipendente equivale al rinnovo del contratto nazionale di lavoro dei dipendenti pubblici!
No, cara Ministra Madia, lei sbaglia di grosso nell'affermare ciò e per almeno tre ordini di motivi.
Il primo, che metto avanti a qualsivoglia ragionamento che prevede l'utilizzo della parola "euro", è che il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro è un diritto. Semplicemente. E come tutti i diritti non possono essere mercificati, barattati. Ai diritti non si può mettere un cartellino con sopra taglia e prezzo. Il Contratto nazionale di lavoro è uno strumento di straordinaria forza: con il contratto si ridistribuisce, si tutela, si riorganizza, si razionalizza, si investe, si valorizza. Ecco perché il diritto al contratto non può essere "prezzato".
Il secondo motivo è che, per prima cosa, lei è un Ministro della Repubblica. Poi è anche il responsabile del dicastero della Funzione Pubblica: le sue affermazioni sull'equivalenza fra riduzione del cuneo e contratto non riguardano solo il mondo del lavoro pubblico, essendo quella riduzione fiscale applicata (quando si farà) a tutti i lavoratori dipendenti, pubblici e privati. Lei con quella affermazione non si è rivolta solo alle lavoratrici e ai lavoratori sui quali esercita la sua responsabilità di governo. Lei, parlando in quel modo alla Camera, ha detto agli edili, ai metalmeccanici, ai lavoratori dei trasporti e del commercio e, soprattutto, alle loro controparti datoriali che con quegli ottanta euro in più in busta paga  si può fare a meno di rinnovare i contratti dei settori.
Il terzo motivo riguarda, infine, proprio gli euro, la pecunia. Avrebbero dovuto informarla, già dal suo arrivo a Palazzo Vidoni, di quanto mediamente una lavoratrice o un lavoratore delle pubbliche amministrazioni hanno perso in termini di valore assoluto negli ultimi quattro anni  e quanto continua a perdere ogni mese a causa del blocco dei contratti. Stiamo parlando, in media, di complessivi 10.000 euro già persi e di circa 250 euro mensili che, ogni volta che un dipendente controlla la sua busta paga, non trova nella colonnina finale del saldo a pagare. Capirà da se che stiamo parlando di cose che non si sfiorano nemmeno per quanto lontane sono.
Cara Ministra Madia, come abbiamo avuto modo di dirle nell'unico incontro che abbiamo avuto, il sindacato, la Fp Cgil è consapevole della delicatezza del passaggio che il Paese sta vivendo; le abbiamo detto (e lo ribadiamo) che siamo disponibili ad un confronto anche serrato e sui temi più complicati e di difficile soluzione (la tranquillizzo ancora una volta: abbiamo idee, proposte e coraggio a sufficienza).
C'è, però, un limite oltre il quale troverà fermezza: il contratto di lavoro va rinnovato. Senza se e senza ma. Non è una affermazione di rito dirle che, in assenza di un segnale preciso in quella direzione, o, al contrario, in presenza di una conferma di questa interpretazione di equivalenza fra diminuzione della tassazione e diritto al contratto, porremo in campo tutte le iniziative tese a convincerla che così non può essere, che così non deve essere.
Cordialmente

Rossana Dettori Segretaria Generale Fp Cgil

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